IL LIBRO DEL MESE DI LUGLIO consigliato dagli amici di Filippo

IL LIBRO DEL MESE – LUGLIO

Il 14 aprile del 1930, si spegne la voce più inquietante e anticonformista dell’Unione Sovietica staliniana: Vladimir Majakovskij viene trovato morto nella stanza che occupa all’interno di una kommunalka, una casa con diverse stanze e diverse altre famiglie occupanti. La notizia si sparge immediatamente e, allo stesso tempo, la versione ufficiale – che rimane tutt’ora tale: suicidio. Il grande poeta si sarebbe sparato nella tarda mattinata.

Muore Majakovskij e nasce la leggenda, che non sarebbe piaciuta neppure a lui. Leggenda che, però, non fuga tutti i dubbi sulla versione ufficiale, dubbi che non vengono per nulla diradati dalla pubblicazione, nel 1991, di tutti gli atti di indagine svolti dalla polizia politica.

Serena Vitale, professoressa ordinaria di lingua russa, traduttrice e scrittrice interviene con il peso della sua personalità accademica e di profonda conoscitrice della lingua, della cultura e dello spirito sovietici/russi a ricostruire, in forma di romanzo-indagine, non solo la vicenda storica del suicidio di uno dei più grandi poeti del Ventesimo Secolo, ma anche la sua figura umana e politica: sua e di molte altre persone che gli stettero vicino e che poi, in gran numero si appropriarono di lui e della sue opera.

Il titolo proviene dallo scritto lasciato dal poeta e che più di ogni altro elemento, sostiene la versione ufficiale del suicidio: Non incolpate nessuno della mia morte e, per piacere, non fate pettegolezzi. Il defunto li odiava. L’idea che si suicidio si fosse trattato scatta naturale, mentre il pensiero corre a quanto scritto da un altro grande scrittore, anche lui (questo per certo) morto suicida: quel Cesare Pavese che, togliendosi la vita, lasciò scritta la famose frase “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi.”

Non è dato sapere se Pavese, che certamente conosceva Majakovskij, avesse intenzionalmente fatto riferimento a quanto scritto prima di lui: di certo si trattava di due personalità forti e deboli, allo stesso tempo, uomini combattuti, mai sereni, mai pacificati e, forse, vittime delle proprie rispettive malattie del vivere in un mondo non più sopportabile.

Il maggiore pregio del lavoro di Serena Vitale sembra essere non solo e non tanto la puntigliosità della ricerca, quanto piuttosto il disincanto. A domanda di un critico: ma lei ritiene che molti dei suoi amici e compagni fossero informatori della Ceka e successivamente della GPU, Serena Vitale rispose che certamente tutti lo erano, verosimilmente anche la donna della sua vita, Lili Brik, che essere informatori era considerato un dovere e che decisamente l’unico della sua cerchia a non esserlo era proprio lui, Volodja.

Da questa considerazione, il disincanto. Per ricostruire, come detto in forma romanzata ma senza perdere di vista la precisione filologica, una figura più umana, più sofferta, così come umana e sofferta fu quella tremenda stagione che, nata dalla Rivoluzione di Ottobre, andava incontro alla Seconda Guerra Mondiale e poi alla Guerra Fredda, in un clima di diffidenza, sospetto e opacità, anche al prezzo della vita di un giovane, enorme – poeticamente e fisicamente – uomo, il cui desiderio era quello di rivolgersi ai posteri, come del resto fece più tardi Bertolt Brecht nella poesia “A coloro che verranno”, che non può non avere un grosso debito di riconoscenza verso Vladimir Majakovskij.

Cesare Stradaioli

Serena Vitale – Il defunto odiava i pettegolezzi – Adelphi, 284 pagine, €19.