IL LIBRO DEL MESE DI OTTOBRE – Consigliato dagli Amici di Filippo

Da un lato, la fiducia nei fondamentalismi del mercato appare sempre più erosa, mentre appare sempre più chiara la vocazione distruttiva del sistema finanziario. Dall’altro, siamo in presenza di un’Europa che diventa campo di battaglia fra un establishment in bancarotta e nuovi nazionalsimi reazionari. Del resto, quando un sistema è in crisi, lo scriveva Antonio Gramsci novant’anni fa, e viene tenuto in vita a ogni costo, fatalmente esplodono frammenti socialmente morbosi e risolazionisti.

Nel frattempo, la Sinistra latita, perennemente a metà del guado, lasciando così che in  Paesi come Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, sia la Destra estrema a farsi portavoce degli ultimi, dimenticati da un ceto politico che dovrebbe per l’appunto richiamarsi alla Sinistra ed che invece per codardia, appiattimento, interesse personale, preferisce dialogare con l’alta finanza e rappresentanti istituzionali che non necessitano di consenso elettorale. D’altronde, nel corso degli ultimi decenni il concetto stesso di voto, secondo gli Autori, aveva perso di effettivo significato e sono state le Destre a rinvigorirlo, dando vita, in modi e forme del tutto analoghi a quelli tradizionalmente di Sinistra, a mobilitazioni e propaganda che hanno finito col dare un’identità comune (sulla natura della quale possiamo discutere quanto vogliamo, ma è dato di fatto la sua esistenza) a larghe fasce di popolazione escluse dalla partecipazione politica e perfino da un futuro di lavoro e prospettive di benessere.

Ma il paradosso non finisce qui. Mentre, come scriveva Brecht, ‘il nemico si è appropriato delle nostre parole d’ordine’ (in Italia ne sappiamo qualcosa: a guerra appena finita, i fascisti si appropriarono del termine ‘Fronte della Gioventù’, diretta emenazione del pensiero politico di Eugenio Curiel, solo per fare un esempio), scopriamo, dopo anni di slogan e di parole d’ordine tanto mefitiche e insensate quanto quasi mai confutate e contestate nel loro significato (‘ce lo chiede l’Europa’, sempre per fare un esempio), che il liberismo si rappresenta come una costellazione di concetti, più che una dottrina rigorosa, basata su principi logico-matematici.

Ma come può continuare a governare il mondo occidentale, un sistema sostanzialmente basato su frasi fatte? La riduzione del ruolo dello Stato nel governo dell’economia, anche questo basato esplicitamente su petizioni di principio, ha portato a un indebolimento della democrazia in uno dei suoi tratti più pregnanti, vale a dire la funzione, concreta ed effettiva, di indirizzo e regolamentazione dei rapporti sociali. Non è forse stato Scheuble, uno degli uomini politici più controversi degli ultimi venti anni – si dice che perfino l’entourage di Angela Merkel ne tema pareri e reazioni – a dire, con la determinazione che possono avere solo gli uomini di potere decisi a usarlo senza guardare in faccia a nessuno, che le elezioni non possono (il verbo ‘potere’, in tedesco ha diverse accezioni e, in questo senso, il potente ministro delle finanze di Berlino – ma, si dice, anche di Bruxelles – intende: non si devono permettere di) cambiare le linee di politica economica? A fronte di ciò, parafrasando Raymond Carver, di cosa parliamo quando parliamo di democrazia?

Il problema, sostengono gli Autori, è che non esiste alcun conflitto fra la attuale politica economica della UR e i suoi sedicenti detrattori riformisti. In altre parole, non si vede all’orizzonte alcun progetto, elaboratodalle socialdemocrazie europee, quanto meno di generale cambiamento di politica economica che possa superare il fondamentalismo dei mercati. Purtroppo, in questo favorendo l’insorgenze dei cosiddetti populismi, pare che il ceto politico europeo sia affetto da una grave forma di coazione a ripetere; anni or sono, alla notizia che l’ennesimo cittadino australiano era stato arrestato in Thailandia con l’accusa di detenzione di ingenti quantità di eroina, il ministro degli esteri di allora, Peter Costello, disse: “Ma la gente imparerà mai?” In realtà, questo libro potrebbe intitolarsi “La storia non insegna niente”

Che fare, dunque? Stabilizzare, prima, secondo gli Autori, e poi procedere al cambiamento, che secondo loro potrebbe essere definito un New Deal per l’Europa. Un piano di investimenti per la riconversione ecologica, stabilire un codice di garanzia per i diritti fondamentali dei cittadini, un dividendo di base (inteso come reddito di cittadinanza), e cose del genere. Sono decisioni che aprono certamente la strada a conflitti politici: il fatto è, concludono Marsili e Varoufakis, che senza conflitto non c’è democrazia, in quanto mai niente è stato istituito per gentile concessione del sovrano.

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – IL TERZO SPAZIO, oltre establishment e populismo – Editori Laterza – pagg. 132, €14