IL LIBRO DEL MESE DI MARZO – Consigliato dagli Amici di Filippo

 

Si tratta di un’opera che richiede un particolare approccio e una lettura attenta e meno frammentata possibile e non c’è modo migliore di illustrarla che rifarsi al capitolo finale, che ne costituisce una sorta di summa.

Con freddo distacco e minuziosità di analisi che sfiora l’asettico – tipico di una mentalità strettamente analitica di matrice orientale: l’A. è cittadino statunitense di origine indostana – Arjun Appadurai è dell’opinione che la crisi economica che tutt’ora ci affligge, partita nel 2007-2008, sia necessaria conseguenza di un vero e proprio cedimento linguistico, prima che finanziario. Per la precisione, il cedimento è da ricondursi al termine linguistico che comunemente chiamiamo ‘promessa’: che, per mezzo del semplice fatto di essere enunciata, crea la realtà alla quale fa riferimento.

Il punto nodale della questione è costituito dal fatto che la parola ‘promessa’ è non solo un termine che indica un fondamentale modo di regolare ordinari rapporti fra le persone (i quali, per il fatto stesso di relazionarsi alle interazioni ‘ordinarie’ fra individui, sono sprovvisti di sanzione legale in caso di mancato adempimento di quanto viene promesso), ma è nel contempo la ragione stessa di essere dei contratti che vengono stipulati e disciplinati dal diritto civile.

La tesi dell’A. si fonda sull’analisi del concetto di ‘derivati’, il cui mercato è strutturalmente basato su una concatenazione di promesse in pacchetti caratterizzati da un tasso di rischio sempre maggiore, teoricamente reiterabile all’infinito – e già questo concetto fuoriesce in maniera dirompente dalle regole del diritto civile. La degenerazione di questo rischiosissimo sistema finanziario, gli swap (strumento inventato da un finanziere della JP Morgan), che in pratica sono promesse di scambio, hanno rappresentato il momento del collasso; nel concreto e per semplificare, si tratta né più né meno di una scommessa speculativa sul fatto che una delle due parti vincolate da una promessa venga meno all’obbligo assunto.

E’ sorprendente come la portata devastante di una simile innovazione sia stata sottovalutata – più verosimile una colpevole e consapevole attività di distrazione di massa, magari come di consueto incolpando questo o quel finanziere cattivone e spietato, come se la pratica non fosse nota, approvata e incoraggiata dai governi degli Stati occidentali. Il venir meno, da parte di un contraente, dei vincoli assunti, nel diritto civile (e nella vita di relazione quotidiana) è una circostanza patologica, che deve andare incontro a una sanzione stabilita per legge: negli swap, diventa materia di contratto e di riscossione di provvigioni e, quanto di più grave, esente da sanzione, in quanto non solo prevista dal sistema dei derivati ma addirittura premiata. L’elemento sconvolgente, solo apparentemente contraddittorio, è concretato dal fatto che un comportamento in sé distruttivo del mercato – il non adempiere a un’obbligazione – diventa costruzione creativa di nuova ricchezza: la quale, però, essendo per la più gran parte fittizia, prima o poi giunge al collasso ed è quello che è avvenuto. E, soprattutto, è quello che continuerò ad avvenire.

Trarre profitti dal mancato rispetto di una promessa è il core del cedimento linguistico. Perché se, a un certo punto, in una società i soggetti al cui interno vivono e operano, travisano i termini di scambio linguistico (che sono le basi degli scambi materiali) e da questo travisamento ricavano incentivi, è evidente che la struttura linguistica diventa terra di frontiera, valicabile e violabile ogni qual volta il più forte decide di volerlo fare, senza controlli e senza sanzioni.

Una simile forma di degenerazione, brillante intuizione dell’A., non deve portare secondo la sua opinione a una negazione tout court del sistema capitalistico, bensì di concepire in modo diverso – e più civile, secondo noi – il sistema che genera scambi, ricchezza, dinamismo umano e materiale, praticando una socialità che ragionevolmente possa sperare di tenere testa alla finanza globale. Quella che l’A. chiama ‘distruzione creatrice’ (distruzione del linguaggio al fine di creare ricchezza e nuovo tipo di potere ad essa connessa), non avrà pietà per la scienza giuridica e per la politica convenzionale, se non si porrà in essere una vera e propria svolta politica.

Cesare Stradaioli

Arjun Appadurai – SCOMMETTERE SULLE PAROLE – Raffaello Cortina Editore –  pagg. 186, €21