QUALCHE DOMANDA

Dalla conferenza stampa rilasciata ieri è emerso, piuttosto chiaramente, che Mario Draghi accetterà la candidatura alla carica di Presidente della Repubblica.
Non è, infatti, possibile interpretare in altro modo – se non a un momentaneo e comprensibilissimo calo di zuccheri: deve essere faticoso oltre ogni limite, tenere ben UNA conferenza stampa all’anno – il riferimento al fatto che il lavoro sarebbe stato compiuto e che potrà essere agevolmente proseguito da (per il vero, non meglio specificati) altri.
Ora, a prescindere dalla nauseante ondata di lodi ed encomi rivolti a un esecutivo talmente ecumenico da ricomprendere un’accozzaglia di plotoni ognuno dei quali preso singolarmente a buon diritto è nominabile come Armata Brancaleone in sedicesimo (l’attuale coalizione di governo rappresenta, a una stima sommaria, circa il 40% per cento degli elettori che hanno espresso un voto indirizzato a un candidato o a una formazione politica) e mettendo per un momento da parte la surreale scena nella quale il Presidente del Consiglio Mario Draghi rimette il proprio mandato nelle mani di Mario Draghi, neo Presidente della Repubblica (a meno che a qualche bella mente illuminata non venga l’idea di cumulare le due cariche, ma in questo caso suggerirei anche quelle di Presidente del Senato, della Camera, della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale e della Conferenza dei Presidenti di Regione – CSM e Forze Armate già sono appannaggio dell’inquilino del Quirinale), avrei qualche domanda da porre a chiunque fosse così cortese da rispondermi senza usare slogan e frasi fatte, che già ce ne sono in abbondanza e in sovrappiù, vale a dire:
a) quale lavoro sarebbe stato fatto dall’attuale esecutivo, oltre all’ordinaria predisposizione della legge di bilancio e la reiterazione dello stato di emergenza?
b) quale sarebbe la caratura istituzionale e soprattutto di rango costituzionale di un banchiere neoliberista e accanitamente monetarista, che non più tardi di 11 anni or sono si permise di scrivere che l’esecutivo pro tempore (frutto di libere e regolari elezioni, almeno fino a prova contraria) non fosse adatto a guidare oltre il Paese, inducendo così l’allora Presidente della Repubblica ad agire di sciagurata conseguenza?
c) quali garanzie di equanimità e di rappresentanza super partes e non divisiva darebbe una figura non abituata al confronto, al dialogo, allo scontro, non essendo mai stato Draghi eletto in vita sua per nessuna delle prestigiose cariche ricoperte, con il che non essendosi MAI trovato a dover rendere conto del proprio operato a una platea elettorale che lì l’avrebbe messo, se mai fosse stato votato a seguito di un preciso programma politico?

Cesare Stradaioli