RIBATTERE SEMPRE

I primi commenti relativi alla sciagurata appendice apposta dal nuovo esecutivo di destra alla definizione del Ministero dell’Istruzione – “Merito” – nel contestarne i possibili significati intrinseci e soprattutto estrinseci, parlano di errore: l’aggiunta del termine ‘merito’ sarebbe appunto un errore commesso da chi abbia pensato di dare un particolare taglio programmatico al dicastero forse più importante di una società che si definisca civile.
Dissento.
Il sito su cui appare questo scritto è intitolato a un comunista, sindacalista e uomo di scuola: non ho alcun dubbio che Filippo Ottone sarebbe sbottato (per un paio di secondi: poi, come suo costume politico, si sarebbe messo a scrivere) a proposito di quella qualifica, alquanto odiosa; allo stesso modo, sono altrettanto certo che avrebbe rigettato l’idea che tale termine, di importanza primaria, sia spuntato per caso, per sbaglio, per distrazione a corredare la lista dei dicasteri che Giorgia Meloni ha presentato al Capo dello Stato. Voce dal sen fuggita, è definizione che già si avvicina un pochino alla realtà, ma ancora ne sarebbe distante, poiché qui non è sfuggito proprio niente. Sarà necessario diffidare delle precisazioni e non scendere sullo stesso terreno dialettico di questa gente, bensì chiarire alcuni concetti e farlo tutti i giorni, in tutte le sedi, soprattutto in quelle educative. In modo particolare, ma non esclusivo, bisognerà ribattere ribattere ribattere (non rivolti a loro, ma alla cittadinanza) ogni qual volta qualcuno proverà a insozzare la Costituzione, interpretando a proprio uso e consumo politico il terzo comma dell’articolo 34. Andiamo a rileggerlo.

“Art. 34.
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie
ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso
.”

Lo spirito che innerva la Carta fondamentale e gli stessi lavori preparatori (sono liberamente consultabili) sono piuttosto chiari, in proposito: chiunque eccella nell’ambito del proprio gruppo o sezione di studio non andrà a fare parte di una specie di classe di ottimati, destinati per censo o per capacità proprie alla guida dei destini del Paese. Certo, costoro saranno di grande utilità ed è semplicemente ovvio che anche loro saranno rappresentanti delle istituzioni, locali e nazionali (unitamente ad altri, a prescindere dai rispettivi titoli di studio). Viceversa, proprio all’interno della scuola dove eccelleranno, essi saranno posti nella condizione (e verrebbe da dire nel privilegio) di essere di aiuto e promozione agli altri nell’indirizzo improntato alla solidarietà e alla collaborazione di cui si trovano svariate tracce – se non aperti riferimenti – nella Costituzione repubblicana.
In questo senso la parola ‘meritevole’ contenuta nell’articolo 34 qualifica la persona come cittadino facente parte della società civile che, assieme al diritto di raggiungere i più alti livelli di studio, lo rende anche partecipe della vita scolastica dei suoi colleghi. Là dove (in tutta chiarezza) la velenosa aggiunta al nome del Ministero dell’Istruzione – già indecentemente privato della nobilissima qualifica ‘Pubblica’ e anche di questo risponderà una certa Sinistra – fa il pari con altre definizioni che richiamano concetti esclusivi, elitari, bellici. Con buona pace di chi è al governo – per adesso.

Cesare Stradaioli