RIASSUNTO DI ANNI RECENTI A USO E CONSUMO DI QUELLI FUTURI

Proviamo a capire, a capirci. E’ necessario fare qualche passo indietro e ricorrere alla memoria; esercizio ostico e scomodo: poco praticato in un Paese che privilegia più di altri i mezzi privati e legge meno di quanto leggesse negli anni ’50. Utile strumento, tuttavia e indispensabile, senza il quale ogni possibile argomentazione avrebbe, al più, l’efficacia cinetica di un motore a dodici cilindri portato al massimo dei giri con la marcia posta in folle.
Cade la cosiddetta Prima Repubblica: pare un secolo e ne è trascorso invece poco più di un quarto. La smemoratezza allunga i tempi. Il sistema si sfascia; era gravato da una corruttela che, beata ingenuità, pareva giunta a livelli non superabili in questo mondo. Avessero potuto leggere il futuro e vedere il mondo com’è adesso, piangerebbero avviliti molti di coloro che nelle custodie cautelari a cadenze quasi giornaliere intravvedevano un cambiamento sostanziale. La Magistratura fa quello che può – da verificare se sia o meno quanto realmente vuole; di certo, cadono staccionate (leggi: avocazioni a Roma) e cedono legami (leggi: via libera come non s’era mai vista per la Procura di Milano; a guardarli nelle foto del tempo, i sostituti procuratori paiono quasi sbigottiti: più dalla libertà di manovra che si trovavano ad avere che dal consenso popolare che li circonda). A conti fatti, avrà grattato la superficie e poco altro; rimangono da scoprire – posto che un domani sia possibile – su quali e quante porcherie sia rimasta seduta l’Italia del dopoguerra. Guai ad approfondire sul ‘boom economico’ degli anni ’60: chi tocca muore. Per cui, rimangono a dormire in santa pace la vera corruzione, emigrazione interna forzata e sanguinosa, sindacati gialli, famiglie e ceti sociali distrutti, inquinamento ambientale a tutta forza, lavoro nero, evasione fiscale da Repubblica delle banane, sventramento del territorio: Agnelli e Pirelli, per non fare nomi ed essere sintetici.

Lasciamo perdere gli esiti giudiziari. Qualcuno aveva paventato plotoni d’esecuzione; sarebbe finita, più o meno come aveva preconizzato il difensore di Sergio Cusani: raffiche di mitra a salve. Ne emerge un Paese incattivito da una comprensibile quanto malintesa sete di giustizia, convinto da una campagna stampa ad alzo zero sulla cosiddetta ‘casta’, che gli eletti siano stati mandati quaggiù dallo spazio profondo e non usciti dalle urne elettorali, soprattutto distratto e in via di distrazione definitiva: ci penserà un imprenditore ricchissimo, furbo e scafato, titolare prima di due, poi di tre e, infine, giusta il suo ruolo di Presidente del Consiglio a più riprese, di sei canali televisivi, con i quali (complici/utili idioti una avvilente cerchia di pseudo oppositori) rimbecillisce un popolo di consumatori compulsivi e viziato a morte da un conformismo senza uguali – un esempio per tutti: almeno due generazioni ancora coltivano il rito dell’abbuffata collettiva, quasi avessero patito la fame bellica come i loro nonni e genitori. Compra sentenze e parlamentari, imbesuisce intere fasce di cittadini, chiede immunità, garantendo il buon rendere a chiunque lo voti, costringe povere anime ormai guitti da retropalco a ingurgitare prosciutto o ballare in tv, indecenti. Ultimo, ma per niente ultimo, umilia l’immagine femminile in tutti i modi possibili. Manda sugli schermi urlatori bavosi. Ordina leggi a propria utilità.
Provocherà danni calcolabili, a spanne, probabilmente nel tempo di una o due generazioni: tanto ci vorrebbe, secondo Franco Cordero, per porvi rimedio – cominciando seduta stante, ben s’intende. Vince e perde a più riprese: due volte, a dispetto di una propaganda mediatica avversa, lo batte Romano Prodi (stiano calmini i sostenitori dell’amabile professore: lui è uno di quelli che ci portò dentro Maastricht e poi nell’euro, forzando un peso medio a combattere con i supermassimi, con un tavolo di arbitri che lo punisce se i suoi medici gli suturano le arcate sopraccigliari – li chiamano ‘aiuti di Stato’). Ma siccome in Italia, abbia Brecht la stessa indulgenza che chiede a noi, c’è chi cambia bandiera più spesso delle scarpe, due volte lo stesso professore bolognese viene cannoneggiato dal fuoco amico. In realtà, dal 1994 al 2011, Berlusconi governa da presidente del consiglio per otto anni e poco più. La cosa, in realtà (non era difficile capirlo, l’uomo e i suoi corifei sono sempre stati libri aperti nelle intenzioni, specie quelle più laide e impresentabili), in senso stretto gli importava e gli importa poco; ancora adesso, fine 2018, se formalmente fa parte dell’opposizione, quello che più gli interessa, dopo essersi assicurato quasi ogni tipo di impunità giudiziaria (da una non ha potuto uscire: se l’è cavata con un affidamento in prova da avanspettacolo) è quello che gli rimane intatto adesso, come quando governava il centro-sinistra: la salvaguardia del suo impero (reti televisive e assicurazioni) e le quote di pubblicità. I rimanenti nove anni lo vedono all’opposizione, mentre i vari governi masticano aria e glorificano Mediaset quale patrimonio della nazione. Nell’Italia della cosiddetta Seconda Repubblica è capitato di sentire anche questo e non è stata la cosa peggiore.

Nel frattempo, menti eccelse scaturite da un partito comunista che durante gli anni ’70 aveva sterminato ogni opposizione alla propria sinistra, ricorrendo se necessario a una certa Magistratura che, fra una legge speciale e l’altra, fra galera ed esili forzati, emetteva mandati di cattura deliranti, uno dei quali definito ‘pantalonade judiciarie’ – cfr. quanto scritto dalla Chambre d’Accusation francese nel caso Piperno rifugiato a Parigi (45 capi di imputazione, parole e musica della Procura di Roma, per chiederne l’estradizione) – si produssero in un’alzata di ingegno che suonerebbe quasi simpatico attribuire a qualche pensatoio della CIA: liquidare i partiti di sinistra. Tanto sarebbe valso, con la Wehrmacht che spadroneggiava in Europa e le truppe bloccate a Dunquerque che, allo scopo di meglio combattere Hitler, Churchill avesse disposto lo scioglimento di esercito, marina e aviazione. E che, con il Reich Millenario finalmente dominatore, avesse potuto avere pure agio e inviti per rivendicare la bontà della sua scelta.
Veltroni e altri geni di caratura superiore, non contenti di avere scelleratamente appoggiato il referendum di Segni sul maggioritario – da solo non ce l’avrebbe fatta mai – che portò, di fatto, all’inizio della mefitica personalizzazione della politica, alla microgestione particulare della vita sociale (mi basta che il mio sindaco-sceriffo porti via la monnezza dalla mia città/comunità/quartiere: di quanto mi sta intorno – lo Stato italiano – me ne infischio allegramente) e al crollo dell’affluenza elettorale, decisero che il ‘partito liquido’ fosse la soluzione. Peraltro, l’ex sindaco di Roma, aveva anche avuto modo di dire più volte che lui – già segretario nazionale della FIGC, parlamentare del PCI e direttore de l’Unità – non era mai stato comunista in vita sua, trovando la buona sorte nel fatto che nessuno si prendesse il disturbo di appioppargli un manrovescio che una simile dichiarazione richiedeva a gran voce.

Con simili idee e menti di tale livello, ovvio che all’alba del nuovo millennio l’opposizione fosse poco più che un gettone di presenza. L’impatto con l’euro è semplicemente disastroso, l’attenzione alla criminalità organizzata è vicina allo zero – registra qualche sussulto con la cattura di Bernardo Provenzano, cioè a dire un vecchio che ha deciso di chiamare a sé l’attenzione delle forze dell’ordine in maniera palese al solo scopo di mettersi in pensione: cure mediche, tre pasti al giorno e una stanza singola, il tutto a titolo gratuito; molto più di quanto possa godere la maggior parte dei suoi coetanei, per tacere della vita da schifo che fanno molti altri ricercati. Poi, più nulla, malgrado lavori un’indagine su una certa trattativa fra apparati dello Stato e la mafia, ma tutto sottotraccia, anzi direttamente sotto il tappeto. Covano antieuropeismo (non che eletti e nominati in Europa si dannino l’anima per farsi benvolere), corruzione a livelli perfino maggiori di quelli che muovevano manifestazioni in stile calcistico a sostegno di Mani Pulite, xenofobia che potrà solo peggiorare, svilimento della politica, abbandono del territorio, lotta sistematica alla scuola pubblica, umiliata a servizio eventuale. Il capitalismo finanziario internazionale trova di fronte a sé ostacoli paragonabili più o meno a una prateria sconfinata e priva di asperità; e la crisi è appena dietro l’angolo: decine di milioni di cittadini europei ne stanno ancora pagando il prezzo e la fine non si vede; vengono attuate privatizzazioni selvagge, con la perpetua socializzazione dei costi e centralizzazione dei profitti in sempre meno mani.
Ci sarebbe di che stimolare riflessioni e apparecchiare tavoli di lavoro per riprendere una vera attività politica di sinistra; stante la situazione mondiale (con capi di Stato e di governo di capacità e di livello politico neanche lontanamente paragonabili a quelli del dopoguerra e infatti fioccano conflitti scellerati e migrazioni incontrollabili, per non parlare di quello e quanto ha dovuto subire il popolo greco, sotto gli occhi compiaciuti degli altri meschini, che al suono del ‘meglio a voi che a noi‘ guardano altrove come quando c’è un disgraziato senzatetto sdraiato a terra) ci sarebbe anche l’occasione di provare a essere nuovamente internazionalisti, ma tutto quello che partorisce il Partito Democratico (nome ai limiti del farsesco: neppure i più assidui neonazisti della Bassa Sassonia si definirebbero antidemocratici, se non altro perché manca loro una formazione culturale appena sufficiente per poter criticare con una certa credibilità la democrazia rappresentativa indiretta), è l’ennesima scimmiottatura americana, infiorettata dall’incipit del programma, preso parola per parola dalla Dichiarazione di Indipendenza del 1776 (il ridicolo viene sfiorato spesso da quel ceto politico), nonché da quella specie di obbrobrio elettoral-mediatico, denominato ‘primarie’. Insomma, una specie di orrendo minestrone predisposto da un pool di cuochi dove il sordo mette in pratica quello che gli suggerisce il muto che combina ingredienti scelti da un cieco.

Poi, succede tutto a tamburo battente; sull’onda della crisi mondiale, 2011, il terzo governo Berlusconi viene disarcionato dall’azione combinata e perfetta mossa da Strasburgo e dal Quirinale. Ora, suona alquanto fastidioso che siano proprio le truppe cammellate berlusconiane ad appellarsi alla legalità costituzionale, ma la ‘lettera’ firmata da Claude Trichet e Mario Draghi, non può definirsi colpo di stato solo perché carri armati e occupazione delle sedi radiofoniche suonano malinconicamente vintage: la sostanza cambia poco. Qualcuno, che non fa parte del corpo elettorale di questo Paese, ha deciso che un governo scaturito da elezioni fino a prova contraria esenti da irregolarità, non vada più bene e debba essere cambiato. La sponda viene offerta dal Presidente pro tempore della Repubblica: senza che sussistesse un requisito che fosse uno fra quelli previsti, nomina a tanta gloria Mario Monti e gli affida l’incarico di formare un governo di larghe intese. Toccato il fondo, si comincia a scavare.
Rileggiamo l’articolo della Costituzione in questione, il 59, col neretto nostro: “E` senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”
Al di là della ridondanza del testo, non risulta che Monti – che, malgrado la vulgata, non era un economista: al più, un laureato in economia, il che significa essere economista tanto quanto l’essere laureato in giurisprudenza sia automaticamente sinonimo di essere avvocato, magistrato o notaio; era uomo di potere, punto e basta, ma questi sono dettagli – avesse in alcun modo ‘onorato’ il nostro Paese nei modi indicati. Tant’è: l’inquilino del Quirinale si serve di questa nomina come grimaldello per forzare la situazione politica e imporlo, in ossequio ai diktat europei e al diavolo il responso elettorale (opposizione inclusa: che, per come si comporterà, se lo sarà meritato). Votino meglio la prossima volta.
Ognuno pensi quello che vuole degli esiti dell’esecutivo guidato da Mario Monti: rimane lo stimma imperdonabile, che non può essere imputato a lui, bensì a tutti i parlamentari di sinistra o asseritamente sostenitori della Costituzione che parteciparono in massa al voto (e di questo prima o poi dovranno essere chiamati a rispondere), una vergogna epocale per la Sinistra, dell’introduzione anno 2012 nella Carta Costituzionale del vincolo del pareggio di bilancio – articolo 81. Suonarono vuote le voci che contestarono una simile operazione: è un dato di fatto che un qualunque candidato all’esame di Diritto Costituzionale che si sognasse di sostenere l’esistenza di un qualsivoglia punto di raccordo fra un tale dettato puramente economico e la Costituzione della Repubblica Italiana, verrebbe cacciato e invitato a ripresentarsi alla sessione successiva con un minimo di lucidità in più.

Difficile immaginare qualcosa di meglio, se la guida politica è affidata a Bersani o D’Alema. Dalle ‘primarie’ del Partito Democratico – neanche sono capaci di farle come dovrebbero essere fatte, posto che potessero accordarsi con la politica italiana – spunta Matteo Renzi. Quale sia stato il suo contributo, unitamente alla squadra di ragazzini, dilettanti della politica allo sbaraglio, è noto a chiunque voglia vedere e constatare: attacco frontale al sindacato, unità d’intenti con la peggiore imprenditoria nazionale, assalto all’articolo 18, leggi sul lavoro che dovrebbero svergognare chi solo le pensasse, chiacchiere fra un gelato, un giubbotto di pelle in televisione e maniche di camicia tirate su, dichiarazioni roboanti. Era destinato a vita politica breve, non avendo il pelo sullo stomaco di Berlusconi, né la sua capacità di raccontare balle: là dove il pregiudicato piduista aveva l’intento e la grande capacità di tenere insieme (per lui un comunista morto è un cliente in meno: meglio tenerlo in vita e parlarne male, per poi convincerlo al sottocosto al supermercato o l’offerta del decoder nuovo), il ragazzotto che credeva di avere un esercito alle spalle era e rimane un divisivo, dunque portato all’isolamento e a ipotizzare rivincite – non considerava che gli italiani perdonano a lungo, ma appena viene meno la convenienza girano le spalle con facilità. Come lo straricco  spende e spande sorrisi e ammiccamenti, celandovi dietro, però, la stoccata. E’ rancoroso e vendicativo – nonché, come non pochi toscani, avvezzo a praticare il sarcasmo ma incapace di sopportarlo – e dunque gli dice male, come a tutti coloro che si fanno strada accumulando più nemici che amici. Chi si circonda di tanti Antonio, poi non si lagni dei Bruto e Cassio di turno.
Tenta un colpo a effetto con una tragicomica bozza di riforma costituzionale. Con tutte le urgenze e le necessità di cui abbisogna il Paese, tiene bloccato per quasi un anno il Parlamento su una vera e propria porcheria e sbraca talmente da riuscire a perdere un referendum da egli stesso voluto (non s’era mai visto che fosse indetta una consultazione popolare da chi aveva ottenuto la riforma con voto di fiducia, ma in Italia non ci si annoia mai). Finisce che i NO incredibilmente superano i SI’ – e si dica, a onor del vero, che gli italiani erano consapevoli e bene informati sul portato di una tale riforma, quanto lo erano gli inglesi sulla Brexit, cioè qualcosa appena al di sopra dello zero virgola, ma nel caso italiano il tutto era dovuto alla scrittura demenziale che componeva la cosiddetta riforma. Nel frattempo, vale a dire più o meno dal 2007, un comico teatrale e televisivo era riuscito a realizzare qualcosa di impensabile: compattare intorno a un movimento, milioni di voti. Non va per il sottile sulla loro provenienza, né se ne preoccupano i suoi accoliti: è un personale pre-politico che da anni si ciba si sciocchezze quali il mantra per il quale non ci sono più né destra né sinistra. Se quelli di prima erano dilettanti allo sbaraglio, questi sono grosso modo ignoranti, comunque puntati verso lo stesso sbaraglio ma, approfittando di congiunzioni elettorali che difficilmente si ripeteranno in futuro, stravincono le elezioni del marzo 2018 e, essendo per l’appunto ignoranti, riescono a farsi governare da un ducetto capace, è pur vero, di resuscitare un partito che galleggiava sul 3%, ma che in fin dei conti aveva raccolto la metà dei voti del composito e confuso movimento.
Ne sortisce un governo a più teste: di avere portato al potere la peggiore destra è responsabilità che grava sui movimentisti; non meno responsabili di loro, quelli del PD – e intendo l’intero PD, perché ancora una volta, nella migliore tradizione del PCI, è mancato il coraggio a tutti. Per alcune settimane dopo le elezioni appare ancora eterodiretto da Renzi. Il divieto di intavolare una forma di trattativa, anche abbozzata, con un movimento che porta con sé milioni di voti di scontenti del centrosinistra – un tesoro da recuperare al più presto, ma ci vorrebbero sapienza e capacità politica, merce rara – sarebbe da considerarsi un gravissimo errore, se non allignasse il sospetto di qualche manovra dietro le quinte. A ogni modo, come ogni esecutivo che si rispetti, quello che giura a Mattarella elargisce promesse; non ne metterà in pratica più che un paio, ma questo non pare preoccupare né loro né chi vi si oppone: un Paese che ha passato un trentennio di rincoglionimento televisivo – non ci stancheremo mai di insistere sul fatto che la campagna elettorale di Berlusconi, è iniziata con la prima puntata di ‘Dallas’: correva il 1980 – è più rassegnato che esigente.
Governeranno poco e male e sarà un disastro per il Paese: oppure governeranno a lungo e male: sarà ugualmente un disastro, ma con un’agonia più lunga. Sperare in un soggetto politico di Sinistra è pur sempre un dovere e per la verità qualche nome c’è e qualche idea: ma dovrà essere transazionale e, si tratta di affermazione fuori discussione, senza NESSUNO di coloro che hanno costituito il personale politico degli ultimi decenni. Diversamente, il resto e il seguito saranno solo accademia.

Cesare Stradaioli