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LA BICICLETTA DEL CITTADINO QUALUNQUE

Sono certo che l’elettore medio del Partito Democratico, come Gonzalo ne “La Tempesta” avrebbe preferito una morte asciutta, se proprio morte doveva essere, al respirare l’acqua annegando miseramente; che è un po’ come preferire morire democristiani piuttosto che scoprire di vivere in un Paese talmente cattolico da essersi scordato di essere cristiano. D’altronde, come diceva quell’altro, l’elettore non sceglie la sabbia perché è stupido, ma perché non gli viene offerto altro che quella. Ora, credo che il suddetto elettore medio non saprebbe che farsene del congresso del Pd, se le frasi e gli stilemi dovessero rimanere gli stessi. Siccome siamo in Italia, alla fin fine la morte che viene sistematicamente annunciata, poi non arriva – quella politica: a chiunque, nella peggiore delle ipotesi, è garantita una quieta e inoffensiva sopravvivenza, sicché la classe dirigente del Pd (e a parlar di classe viene l’orticaria) galleggiando come escrementi sull’acqua paludosa avrebbe pur sempre il posticino in fondo al corridoio, dove un piatto di minestra, una porticina di sagrestia e un assessorato non si nega a nessuno.
Ognuno curi il proprio giardino e spazzi davanti alla porta di casa, che già sarebbe un bel passo in avanti verso il comunismo, oltre che – quest’ultima indicazione – norma presente nei regolamenti comunali più avveduti: qualche suggerimento, specie quelli non richiesti, può sempre fare comodo. Ed eccone uno, pronto: stare a sentire la gente. Ovvero: l’invenzione della tazza col manico a sinistra. La quale, in quanto opzione sostanzialmente facile, viene evitata come la peste bubbonica.
Il numero dei reati è percentualmente in calo, così recitano i fatti. Per contro, la percezione è che siano in aumento. Ciò significa che, alla stregua del numero dei migranti presenti nel nostro Pese, esso è percepito quattro volte superiore a quello effettivo. Bene, bravi, bis e caviamocela così. La gente non se ne dà per inteso e non vuole capire che ci sono meno ammzzati e meno furti? Affari suoi. Abbiamo altro di cui occuparci. Sarebbe un ragionamento idiota di per sé, anche se avesse un effettivo riscontro. Dato che riscontro non ha, il tasso di idiozia (vero, non percepito) cresce.
Se io prendo nota che i furti sono in calo, la PRIMA cosa che devo fare è verificare DOVE siano in calo. E magari scopro che lo sono nelle zone residenziali centrali delle città, dove esiste ancora un presidio delle forze dell’ordine e dei militari, oltre che nei quartieri dove vivono cittadini che possono permettersi di addobbare la propria abitazione con sofisticati sistemi di sicurezza e sorveglianza. Pensare che un ladro preferisca andare a rubare in un posto supervigilato, supervideato e superprotetto, invece che nella villetta di un artigiano che al massimo possiede un rothweiler rimbambito, significa pensare che i ladri siano geneticamente stupidi in quanto ladri. La criminologia – ma anche un carabiniere qualsiasi – suggerirebbe trattarsi di un’idea sbagliata. Viene fuori che i ladri vanno a rubare dove è più facile, nelle zone periferiche o rurali. Chi l’avrebbe mai detto.
Ora, se sono in calo in certe zone, quelle maggiormente tutelate e tuttavia a livello nazionale una percentuale rimane, significherà pure che da qualche parte i furti avvengano. Pretendere che gli abitanti delle zone in cui il tasso di microcriminalità rimane alto si mettano in testa che i reati sono in calo e che questo gli basti, equivale a voler convincere il teorico detentore del famigerato mezzo pollo pro capite che la sua metà statisticamente sussiste, anche se egli ne è privo perché qualcun altro se l’è incamerata. E significa anche pretendere che costui continui a votarti sulla fiducia che il mezzo pollo rimanga suo – o che a casa sua i furti non avvengano o con minore probabilità stando alla base nazionale. Altri più qualificati di me si spendano a ripetere fino allo sfinimento che intestardirsi alla sordità nei confronti dei lamenti della cosiddetta ‘gente comune’ significhi portare acqua (e voti) al mulino della Lega e, in genere, di coloro che sfruttano la paura e l’alimentano ad arte. Vorrei parlare di biciclette, invece.
Lungo i portici sottostanti uno studio dove lavoro, scorrazzano allegramente alcuni cittadini in apparenza provenienti dal Maghreb. La cosa sarebbe di per sé poco rilevante, non fosse che diversi fra loro pedalano in sella a mountain bike decisamente nuove. Prezzo – lo so per certo, avendone acquistata una recentemente: dai 400 euro in su. Ora, trattandosi di gente che non sembra avere un’occupazione, neppure precaria, è pacifico che non solo a me (che nulla conto) ma anche al cittadino qualunque, che difficilmente può permettersene una, sorga spontanea la domanda che chiunque legga queste righe si pone. Rimango fermo nell’opinione – e non intendo discuterne con nessuno sul punto – che si tratti di una domanda importante, che richiede una risposta seria. Perché io, tutti noi, una risposta al signore che arriva a fatica a fine mese, la dobbiamo. Quelle biciclette o sono rubate o sono mezzo per commettere un reato – uno a caso: spaccio di stupefacenti. Può, la risposta di cui sopra, essere: stia tranquillo signor cittadino qualunque che fatica ad arrivare a fine mese, la microcriminalità è in calo? La risposta è ovvia.
Una risposta va data. Non solo al suddetto cittadino italiano, ma anche a quelli stranieri – più spesso africani – che la bicicletta la usano per andare al lavoro: biciclette vecchie e scalcagnate, con le quali, verso le 6 del mattino (qualche volta li vedo quando mi tocca alzarmi a quell’ora per il mio lavoro), infagottati e con la gavetta a tracolla, tale e quale a quelle che vedevo da bambino in mano a operai italiani del cosiddetto miracolo economico, cominciano la propria giornata come milioni di nostri concittadini (ma per come la vedo io, sono anche LORO concittadini) recandosi al lavoro. Non curarsene – che saranno mai quattro marocchini che gironzolano qui e là: c’è ben altro di cui occuparsi – equivale a mordere nuvole alte, a rimanere a mezzo metro da terra, sordi e ciechi a gente che qualcosa di alternativo alla sabbia lo prenderebbe, gente che non si diverte ad avere paura o a indignarsi per le biciclette che non può permettersi (a differenza di quegli infami, politici e giornalisti, che del remare nel letame hanno fatto ragione sociale del proprio ex partito scissionista), gente che se vaga imbesuita la domenica mattina nei centri commerciali è solo ed esclusivamente perché una sinistra idiota e deferente li ha lasciati soli. Il ceto politico sedicente di sinistra che ci troviamo a subire allontana da sé con infastidito gesto della mano il cittadino qualunque di cui sopra; troppo occupati a guardare le stelle e a rimirare l’altezza e la purezza dei propri assunti, rischiano come Protagora di cadere in una buca – o di pestare un’arancia, come si dice dalle mie parti. Cosa che, contrariamente a quanto si crede – e lo si è visto – non porta per niente fortuna.

Cesare Stradaioli

Un commento su “LA BICICLETTA DEL CITTADINO QUALUNQUE

  1. analisi appassionata quanto lucida -equilibrio sempre arduo!
    come cittadino, come insegnante accolgo con gioia (e…sollievo) l’assunzione del punto di vista dei veri, primi protagonisti della “vexata quaestio”. l’esclusione non è una soluzione. rimane problematica -forse aporetica- la prospettata, pur auspicabile “profilassi in altro modo”.
    come è stato nobilmente proclamato , di fronte ad analoghe (ed ancor più drammatiche) congiunture: “non una/o di meno!”
    Maurizio Venasco

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