E’ una tipica frase che si sente dire nei film polizieschi: non sottoscrivere niente, ché potrebbe essere poi usato contro di te.
E’ notizia di ieri che Alberto Melloni, eminente storico e studioso delle religioni, uomo di destra, di quella destra non beota e ignorante, che avrebbe dovuto sostituire Gabriella Caramore nella storica trasmissione di Radio3, “Uomini e profeti”, è stato rimosso dall’incarico. Motivazione ufficiale: in omaggio alla ‘par condicio’ (quella che consente a Renzi di avere sistematicamente la prima notizia in qualsiasi giornale radio e tv e una presenza garantita debordante rispetto agli oppositori interni ed esterni al Pd) applicabile in vista del referendum del 4 dicembre, Melloni non può condurla, in quanto ha sottoscritto un documento di sostegno al NO per la suddetta consultazione referendaria. Al suo posto, dovrebbe intervenire Massimo Cacciari.
La solita vocina rompiscatole dirà: ma Cacciari, pur con molti dubbi – sinistramente simili al turarsi il naso montanelliano – ha più volte dichiarato che voterà Sì.
Ma non ha firmato nulla.
Quindi, la sottoscrizione di un documento che, se va bene, sarà visto dall’1% dell’elettorato – con la bella e ricca propaganda per il NO che viene fatta! – esclude, in quanto violazione della par condicio, un esponente della cultura; un Sì, detto in tutte le salse e in tutte le reti e in tutte le testate, perciò visto, letto e sentito da milioni di elettori, MA SENZA ALCUNA FIRMA, consente di passare il vaglio della suddetta par condicio.
Non ce l’ho con il direttore della RAI: si tratta di un mero esecutore di ordini altrui. Ce l’ho con l’ipocrisia pubblica.
Tutti, poche, tante, tantissime volte, nella vita siamo stati ipocriti, a vari livelli: ma fino a quando la cosa rimane a livello personale (un po’ come l’abitudine che qualcuno, privatamente, può avere, di frequentare prostitute) e privato, il tutto rimane circoscritto per l’appunto al privato ed è esclusiva materia della coscienza del singolo e, eventualmente, delle persone della sua cerchia di frequentazione. Quando, però il singolo diventa pubblico rappresentante di un partito, un’associazione, un movimento, allora la cosa cambia. A parte le frequentazioni dell’esempio di cui sopra – duro, durissimo compito convincere il cittadino medio che un politico, un pubblico amministratore può essere ricattabile, quando certi comportamenti fuoriescono dalla scena privata: il riferimento a Berlusconi e alle ‘cene eleganti’ di Arcore è del tutto voluto e calza a pennello – il rilievo ipocrita di una norma parecchio discutibile quale quella della par condicio, più che di applicazione di una legge, pare piuttosto una discriminazione. In nome dell’ipocrisia politica.
Ma, si sa, in Italia c’è ben altro di cui occuparsi, specie in questo periodo…
Cesare Stradaioli