A PENSAR MALE SI PARLA MALE: E SI FA PECCATO COMUNQUE

Ad assistere, anche solo di passaggio, ad alcuni dibattiti radio e/o televisivi, capita di apprendere l’esistenza di persone le quali, per varie ragioni, non dovrebbero avere – per manifesta disumanità – il diritto di parola in pubblico. E poiché si tratta di confronti dialettici, spesso la ragione è l’uso di determinate parole (una, in modo particolare) indicativo di un’impostazione mentale – come dire? storta.
Nel corso di un acceso – e, come capita spesso, maleducato: tutti a darsi sulla voce reciprocamente – confronto televisivo, un rappresentante del PD (a far notare certe cose riguardo al Partito Democratico comincia ad avvertirsi una certa stanchezza mista ad amarezza), riferendosi a quella percentuale di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà, ha usato il termine ‘stock’: per completezza, ‘stock’ di poveri. Il che ha provocato una reazione infastidita da parte di uno dei suoi interlocutori il quale, neanche tanto garbatamente – ma alle volte non serve arrivare all’ingiustizia, per farsi storcere brechtianamente i tratti del volto – lo ha fortemente ripreso in punto di eleganza e opportunità del termine, tenuto soprattutto conto del fatto che non di bestiame o di investimenti azionari si trattava.
Ne sortiva, neanche a dirlo, un vivace battibecco, durante il quale l’accusato di ineleganza formale ribatteva, anche col ditino alzato – brutto segno, quando uno così supporta le proprie ragioni; non si agitassero, i suoi interlocutori e, anzi, si informassero prima di indignarsi: aveva usato termini squisitamente tecnici, ‘stock’ e ‘flusso’, di carattere economico-statistico, al fine di indicare, in un determinato periodo la permanenza di un dato o il suo fluire. In sostanza e nel caso di specie, il persistere di un dato percentuale e il suo modificarsi tramite un flusso, necessariamente variabile. Ovviamente, detta spiegazione non ha convinto nessuno dei presenti, come quasi sempre tutti dediti alle proprie ragioni, inducendo peraltro il conduttore a rivolgere al tizio (si chiama Luigi Marattin ed è parlamentare del Partito Democratico: insomma, i nomi ci sono, vanno conosciuti) l’invito a usare termini meno brutali – esortazione, peraltro, rimasta inascoltata, travolta dall’ennesima spiegazione, fornita dallo stesso, per la quale detti termini derivavano dallo studio dell’economia e via discorrendo.
Ora, è davvero poco importante sapere quanta parte (‘stock’) di maleducazione, che di frequente si manifesta in chi manchi di quel minimo di umiltà in grado di chiedere scusa o di cambiare atteggiamento quando serve, sia presente nel modo di relazionarsi con gli altri del signor Marattin: di molto maggiore appare la sua pochezza umana. Il pover’uomo – lui sì, poverissimo – malgrado gli fosse stato fatto notare coram populo l’inopportunità sottesa all’utilizzo di quel termine riferito a esseri umani (oltre a tutto, particolarmente caratterizzati in modo negativo in punto di capacità economica), ha rivendicato il diritto di farlo, vantando così una certa ricercatezza di linguaggio e questo è, purtroppo per lui, alquanto indicativo di un modo di pensare – prima che di parlare, che però per gli adulti ne è (o dovrebbe esserlo) diretta conseguenza e manifestazione – miserabile, arido, disumano. Insomma, pur se è antipatico sentire qualcuno, invitato a usare termini meno brutali (ché le sue ragioni non avrebbero perso un grammo della loro valenza), reagire a muso duro, infischiandosene dell’appunto ricevuto e, senza minimamente rifletterci intorno, pervicacemente insistere, ebbene è ancora più mortificante e avvilente il dover prendere atto che il Partito Democratico seleziona, candida e fa eleggere personaggi come il Marattin: il quale, non solo si è presentato come un arrogante maleducato – e passi; la buona educazione è assurta al rango di optional: si paga un qualcosa in più per poterne godere i benefici – ma anche come un essere umano mancante di umanità, disinvoltamente capace di ricondurre suoi connazionali (‘Tutti gli uomini saranno fratelli‘, scriveva aulico e romantico Friederich Schiller: quanto ottimismo…) a dati statistici, ridotti a numeri, deprivati non solo di capacità economica in quanto poveri, ma anche del diritto di non essere vilipesi.
Che, a essere vilipeso, è per il Marattin diritto pienamento acquisito: infinitamente di più che di essere chiamato ‘onorevole’ – per mio nonno che, reazionario com’era, MAI avrebbe mancato di rispetto in tal modo nei confronti dei meno fortunati, non avrebbe probabilmente avuto neanche quello di vedere il proprio cognome preceduto da ‘signor’.

Cesare Stradaioli